Vincenzo Peruggia, la storia dell’uomo che rubò la Gioconda

Vincenzo Peruggia, la storia dell’uomo che rubò la Gioconda

TRAMA

Parigi 1911: Vincenzo Peruggia è un imbianchino di Dumenza (Va) immigrato in Francia che lavora saltuariamente come imbianchino, per l’appunto, al Museo del Louvre che un giorno decide di rubare la Gioconda per restituirla all’Italia (a partire dalla metà del mille ottocento si diffuse la leggenda che Napoleone, durante la campagna d’Italia, avesse trafugato il celebre quadro). Ritornato in Italia, dopo un periodo di due anni passato in silenzio per far calmare le acque, decide di restituire il quadro appunto allo Stato Italiano, che però messo alle strette dallo Stato Francese e dall’opinione pubblica internazionale lo ridà alla Francia e processa Peruggia.

Lo spettacolo mette in scena proprio la parte finale del processo dove Peruggia racconta la sua vita in Francia e le motivazioni del suo gesto.
Il furto della Gioconda a quel tempo divenne un caso internazionale: ne parlarono per lungo tempo i giornali di tutto il mondo, furono accusate molte personalità francesi ed internazionali, vennero arrestati anche Apollinaire e Picasso, e si sfiorò addirittura la guerra tra Francia e la Germania, accusata di aver commissionato il furto.
L’opinione pubblica italiana si schierò unanime dalla parte di Peruggia, che venne definito un “patriota”.

Del resto Peruggia, come dice durante lo spettacolo, aveva compiuto il gesto dopo aver sentito che i soldati italiano erano impegnati in Libia, e voleva anche lui nel suo piccolo fare qualcosa di bello per la patria. Scelse la Gioconda perché le montagne azzurre disegnate sullo sfondo del quadro gli ricordavano tanto le montagne che vedeva lui da bambino appena sveglio, e azzurro poi era il nuovo colore della maglia della squadra italiana di calcio (nel 1911 appunto , contro l’Ungheria, la nazionale di calcio italiana indossava per la prima volta la maglia azzurra, colore che da allora in poi la ha sempre identificata).

 

 

NOTE DI REGIA

Lo spettacolo è un monologo teatrale intenso, ma anche molto divertente e accattivante, e parla di Vincenzo Peruggia, l’autore di uno dei più celebri furti d’arte di ogni tempo.La mise en scène si fonda su tre elementi : la parola, la musica e la luce; si è concepito uno spazio scenico minimalista dove l’apparato illuminotecnico è esso stesso parte della scenografia. La sedia è l’unico elemento scenico realista: tutto il resto sospeso tra l’immaginazione e l’immaginario dell’attore, ma anche e soprattutto dello spettatore.
I fasci di luce sono al tempo stesso elemento di tensione per lo spettatore, ed elemento di respiro dell’attore che muovendosi nello spazio scenico li cerca in continuazione, quasi come se volesse dare più forza alle proprie ragioni
I fasci di luce che partono dalle americane tagliano il cubo scenico trasversalmente e senza una geometria precisa. Illuminano solo alcune parti dell’attore in scena e sembrano delle vere e proprie sbarre di una gabbia.
In questo gioco di luci e ombre fisiche e sensoriali, dove la recitazione sparisce per lasciare il posto alla pura interpretazione, la musica avvolge lo spettacolo e lo pone in una dimensione per certi versi atemporale, si potrebbe dire quasi filmica, sottolineando, di volta in volta, i momenti drammatici e ironici della pièce, e riesce a dare inoltre un tocco di epicità a una storia comune di un uomo qualunque.